Le prime testimonianze archeologiche, risalenti al III millennio a.C. ci dicono che gli Egizi disegnavano diagrammi stellari in cui avevano già individuato Venere, Giove, Saturno, Marte e probabilmente anche Mercurio, oltre a moltissime costellazioni.
Risale almeno alla III dinastia il sistema dell'anno astronomico suddiviso in 36 decani, gruppi di stelle che sorgevano a una particolare ora della notte, ogni 10 giorni sorgeva un nuovo gruppo e i sacerdoti incaricati delle rilevazioni astronomiche ne annotavano tutti i passaggi.
Conoscevano gli equinozi e sapevano stabilire la direzione Nord-Sud grazie ad uno strumento chiamato merkhet, indispensabile nella costruzione degli edifici religiosi e delle piramidi.
La storia dei 5 giorni epagomeni
L'anno era diviso in tre stagioni collegate ai lavori agrari della durata di 4 mesi ciascuna, ogni mese durava 30 giorni a cui si dovevano aggiungere i 5 giorni dedicati alle feste delle principali divinità.
La storia di questi 5 giorni, necessari per completare il calendario annuale, ha origini mitologiche: la dea del cielo, Nut, e suo fratello Geb, dio della Terra, si erano innamorati sfidando così l'ira dei genitori, Shu, dio dell'aria e Tefnut, dell'umidità. Shu, dopo averli sorpresi li separò proibendo loro di ricongiungersi durante i 360 giorni di cui era composto l'anno. Interviene però Thot, il patrono delle scienze esatte, che commosso dall'amore dei due amanti creò per loro i 5 giorni epagomeni, giorni esclusi dal calendario normale e nei quali i due amanti potevano incontrarsi, concependo così Osiride, Iside, Set e Neftis.
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