Attila e la campagna in Italia

La battaglia dei campi catalaunici aveva concluso la campagna francese degli Unni, per un momento Attila aveva percepito la propria disfatta ed era pronto a uccidersi piuttosto che farsi catturare vivo, ma poi era successo qualcosa di strano, anziché sfruttare il vantaggio sul campo e scagliarsi contro il fronte Unno, in difficoltà, i Visigoti se n'erano andati via. Attila rimase un po' di tempo in osservazione, pensando che gli schieramenti avversari stessero studiando una nuova strategia, poi quando capì che non succedeva nulla ordinò la ritirata per tornare a casa, in Ungheria. Nella strada del ritorno una frangia dell'esercito alleato, principalmente quella dei Turingi, si rese colpevole di incredibili atrocità alla popolazione, gli Unni invece si ritirarono con grande compostezza in quel viaggio in cui, tra gli altri, c'era anche San Lupo, forse ostaggio di Attila o più probabilmente accompagnatore volontario che si era unito alla schiera di quegli uomini di cultura di cui Attila amava circondarsi.

La campagna francese non era stato un grande affare per Attila, non aveva incamerato il bottino che sperava e ora che si ritirava, dopo una sconfitta non bruciante ma ambigua, sapeva che sarebbe stato difficile cercare di estorcere oro e denaro a popoli che non aveva conquistato. 

Le casse poi iniziarono a risentire di una grossa mancanza, ossia il tributo bizantino, con la morte di Teodosio II, che aveva sempre accettato di pagare i tributi richiesti dagli Unni per tenerseli buoni, era salito al potere Marciano, lo sposo scelto da Pulcheria quale successore al trono del fratello. Marciano aveva subito messo in chiaro che non avrebbe più versato tributi agli Unni, che  non rappresentavano più  una minaccia importante per il solido Impero Romano d'Oriente.


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Quando finì l'inverno e si ripresentò la stagione propizia per le campagne di guerra, Attila scelse quindi di partire alla volta dell'Italia, vuoi per la questione ancora bruciante di Onoria, e dunque per riscuotere quella parte dell'Impero che aveva preteso come dote di nozze, vuoi perché evidentemente non aveva molte scelte... Costantinopoli era inespugnabile, la Francia si era rivelata una delusione... L'Italia aveva spostato la sua capitale da Roma a Ravenna e forse ripetere quello che Alarico aveva compiuto, 40 anni prima, con il saccheggio di Roma, non sarebbe stato poi così difficile...

Alcuni storici sostengono che la scelta dell'Italia fosse stata dettata da una mania di grandezza, Attila era un grande condottiero che era riuscito a ottenere successi grandiosi, in qualche modo voleva ripetere quello che aveva fatto Alessandro Magno, conquistare un impero immenso con le sue capacità militari.

Nella primavera nell'anno 452 Attila, a capo di un esercito multietnico fortemente composto da tribù germaniche, parte quindi per la sua campagna italiana. 

L'esercito si diresse verso Trieste ma venne fermato ad Aquileia, una città che aveva una storia militare importante.

Aquileia, roccaforte difensiva romana

Aquileia si trova a pochi chilometri da Trieste, era una città fortezza fondata dai Romani proprio per ostacolare il passaggio delle popolazioni che volevano introdursi in Italia valicando le Alpi Giulie.

Aquileia era un vero polo strategico militare romano, era considerata la quarta città per importanza nel territorio italico, dopo Roma, Milano e Capua, ed era l'unica città, oltre a Roma, che aveva il potere di coniare monete. Ad Aquileia terminava la Via Postuma e iniziavano altre importanti strade romane che la collegavano con la provincia del Norico e con la Pannonia. Possedere Aquileia significava avere il controllo dell'Italia settentrionale. Quando Alarico, percorrendo più o meno la stessa rotta di Attila, con il seguito di vecchi e bambini, si era trovato nei pressi di Aquileia aveva deciso di aggirarla, Attila invece decise di assediarla. Fu un assedio lungo ed estenuante, soprattutto per gli Unni che non vedevano alcun cenno di debolezza nella città assediata, tanto che, scoraggiato, Attila, dopo tre mesi,  decise di dar l'ordine all'esercito di prepararsi per partire, rinunciando a conquistarla.

Avvenne però qualcosa di inaspettato che fece cambiare idea ad Attila, dando nuovamente l'ordine alle truppe di proseguire l'assedio. Da una delle torri della cinta muraria, all'alba di quello che avrebbe dovuto essere il giorno della partenza, un maschio di cicogna con i suoi piccoli prese il volo lasciando il nido. I piccoli non erano ancora pronti per il volo e si appoggiavano al padre, che non avrebbe mai lasciato il nido se non avesse avvertito che qualcosa di grave stava per accadere. Attila, e gli sciamani che consultava, videro in questo volo un segno del destino che suggeriva loro di attendere. E infatti qualcosa accadde. Proprio dal punto in cui la cicogna era partita, il muro iniziò a franare e a crollare, senza un apparente motivo, creando quindi una breccia che gli Unni sfruttarono per entrare ad Aquileia, che fu completamente distrutta. La distruzione totale di una città era un modo per dare un esempio terribile da mostrare ai propri nemici ed era propria della cultura militare romana, che aveva completamente distrutto Cartagine nel periodo repubblicano.

Presa Aquileia - anche se per questa importante azione Attila impiegò troppo tempo, dedicato al lungo assedio - l'esercito di Attila proseguì nel suo percorso dirigendosi a ovest e, in seguito, costeggiando il fiume Po, passando da una ricca città all'altra senza incontrare alcuna resistenza, spesso trovando già le mura delle città spalancate. 


La distruzione di Aquileia, ricerca di storia


La fondazione di Venezia si deve ad Attila

Con l'addentrarsi nell'Italia settentrionale di Attila, molte famiglie di Aquileia, Padova e altre città limitrofe preferirono scappare e cercare rifugio in una zona ombrosa, sicura ma malsana, una zona incolta dove vivevano pochi poveri pescatori talmente disagiata da non avere neanche un nome. Quel tenebroso riparo sarebbe diventata Venezia, fondata proprio da queste famiglie che preferirono stabilirsi in un centinaio di isolette divise da acque basse e difese dal mare da strisce lagunari attraversate da stretti canali, attraversabili solo con piccole imbarcazioni che sapevano esattamente quale percorso seguire.

Fino alla metà del V secolo questa zona era stata completamente trascurata, i nuovi dodici insediamenti fondati da questi profughi, a cui si unirono altri profughi in seguito in fuga dai longobardi, con le loro professioni, la loro arte, la loro forma di governo, determinarono la nascita della città di Venezia prima e della Repubblica in seguito.

Attila conquista la Lombardia

Il viaggio di Attila e delle sue truppe Unne e Germaniche intanto prosegue senza alcun intoppo, non solo le città non gli oppongono resistenza ma neanche l'Imperatore Valentiniano stesso si decide a organizzare una difesa, nonostante le pressioni di Ezio, le cui truppe, prive ormai dei rinforzi di visigoti e alani, sono comunque scarse, ormai è chiaro che il rifiuto dei romani di assolvere al servizio militare ha determinato una profonda crisi nell'esercito che non ha più i numeri per difendere il territorio. 

Attila in Italia lascia il segno, e lo fa con stile!

Attila prende prima Vicenza e poi Verona, città ricchissima in quanto competente alla riscossione della tassa di successione dell'Italia del Nord, prosegue senza alcun ostacolo lungo le città che costeggiano il lago di Garda, poi Brescia, Bergamo e Milano, o meglio, Mediolanum, come era allora chiamata, la capitale dell'Impero nel III secolo. Il successo della campagna italiana supera ogni aspettativa, e così, entrando nel palazzo reale di Milano e ammirando un quadro che raffigurava i cesari con alcuni principi sciti prostrati in segno di sottomissione, decide di chiamare il pittore per apportare qualche cambiamento al quadro, facendo raffigurare i cesari con sacchi pieni di tributi d'oro che consegnano ad Attila stesso, raffigurato sul trono come un imperatore. Un piccolo dettaglio, questo, che rappresenta bene la sua personalità intelligente e audace, oltre ad uno stile decisamente all'avanguardia.  Purtroppo questo quadro è andato perduto, ma testimonianze artistiche del passaggio di Attila in Italia sono ancora visibili nella certosa di Pavia, dove un medaglione in rilievo ritrae Attila tra eroi della Bibbia e personaggi dell'antichità, anche se viene raffigurato più come un senatore romano, con il naso aquilino e i lineamenti occidentali che per quello che doveva essere realmente il suo volto. 

La contromossa di Valentiniano

Indifferente alle richieste di mobilitare l'esercito avanzate da Ezio, probabilmente consapevole che l'esercito di Roma non avrebbe fatto che il solletico alle truppe di Attila, Valentiniano lascia Ravenna, la capitale imperiale, per raggiungere Roma. Non si trattò propriamente di una fuga, come qualcuno volle insinuare, Attila infatti non era diretto a Ravenna dove Valentiniano sarebbe stato quindi al sicuro.

I tempi erano cambiati, Valentiniano sapeva bene di non poter più contare sulle truppe alleate dell'Impero d'Oriente ora che Marciano aveva preso il posto di Teodosio II, così come probabilmente dubitava di Ezio stesso, di cui la madre, Galla Placidia, in vita non si era fidata, e neanche ricorrere a truppe di mercenari barbari poteva aiutarlo perché probabilmente avrebbero scelto di servire Attila, capo carismatico con origini certamente più affini. Valentiniano sceglie di andare a Roma per cercare l'unica alleanza possibile in grado di aiutarlo, quella del Papa. 

Valentiniano era un cattolico osservante, così come era di moda nelle corti imperiali del periodo, e Papa Leone I era effettivamente un uomo carismatico, decisivo e dotato di grande carisma, lo stesso carisma magnetico che brillava negli occhi di Attila e che mancava invece in lui.

Attila intanto continuava a girovagare tranquillo in Lombardia, dove del resto aveva trovato ricchezze in abbondanza e nessuna opposizione, e sempre in Lombardia, poco lontano da Mantova, sulle rive del fiume Mincio, avverrà un incontro storico decisivo che segnerà la fine della campagna unna in Italia.

L'incontro tra Attila e Papa Leone I

Sull'incontro, avvenuto nell'estate dell'anno 452 tra Attila e Papa Leone I la Chiesa cattolica ha costruito grandi leggende, tramandate da un'acceso filone artistico tra cui l'affresco di Raffaello nella stanza di Eliodoro, una delle stanze vaticane. La leggenda ecclesiastica racconta di come il Papa, in compagnia dei Santi Pietro e Paolo, abbia convinto Attila a non proseguire la sua avanzata verso Roma per tornarsene a casa sua in Ungheria.

Ovviamente la storia è un'altra. Papa Leone raggiunge Attila sulle rive del Mincio in compagnia del senatore Trigezio, prefetto di Roma e abile negoziatore e del senatore Gennadio Avieno, uomo d'affari di successo responsabile nelle forniture idriche di Roma. Cosa si dissero in quell'incontro non ci è dato saperlo, ma è possibile avanzare attendibili supposizioni che portarono, effettivamente, Attila a decidere di lasciare l'Italia per rientrare in Ungheria, cosa che del resto era solito fare con l'arrivo della brutta stagione. Il fatto che il Papa abbia negoziato la liberazione di ostaggi cristiani, cattolici e pagani lascia supporre il pagamento di un tributo in oro, l'argomento sicuramente più convincente per spingerlo ad abbandonare la guerra. Attila probabilmente era già propenso a non continuare la campagna, la stagione era già avanzata e d'inverno non avrebbe potuto reperire provviste sufficienti per i suoi uomini e per gli animali, un'epidemia di malaria inoltre aveva colpito quasi un terzo delle truppe che risultavano ora indebolite e ridotte. Anche la superstizione di Attila potrebbe averlo convinto a desistere, il paragone con Alarico, porto poco dopo il sacco di Roma, potrebbe aver spinto i suoi sciamani a dissuaderlo dal proseguire. Fatto sta che Attila aveva più motivi per tornare a casa come vincitore di una brillante campagna in Italia che gli aveva reso molti tesori piuttosto che proseguire con l'incertezza del successo perché si aspettava che Ezio convincesse Marciano a fornirgli le truppe necessarie per fermarlo.


La cacciata di Attila raccontata da Raffaello





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